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PUTIN: NOI SIAMO PRONTI
ALLA GUERRA NUCLEARE

PUTIN: NOI SIAMO PRONTI <BR> ALLA GUERRA NUCLEARE

In un’intervista concessa all’agenzia statale Ria Novosti, il presidente russo Vladimir Putin tocca tutti i principali temi della profondissima crisi tra la Federazione e l’occidente seguita all’invasione dell’Ucraina. E lancia un avvertimento: “quegli stati che affermano di non avere linee rosse rispetto alla Russia, allora devono capire che anche in Russia non ci saranno linee rosse rispetto a questi stati”. Un chiaro sottinteso al pericolo di un conflitto nucleare per il quale, ha specificato il leader del Cremlino, “da un punto di vista tecnico-militare siamo pronti”. La Russia è infatti “costantemente in uno stato di prontezza al combattimento. La nostra triade nucleare è più moderna di quella americana”. “Ma – ha aggiunto Putin – questo non significa che, secondo me, siano pronti a iniziare questa guerra nucleare domani”. Eppure, “se gli altri lo vogliono, noi siamo pronti”. Secondo Putin, “le armi”, comprese quelle nucleari, “esistono per essere usate”. A tale riguardo però, la Russia “ha una propria dottrina” che ne giustifica l’usa “se è in pericolo l'esistenza dello Stato russo, se può venire danneggiata la nostra sovranità e indipendenza. È tutto scritto nella nostra dottrina, non l’abbiamo cambiata”. Per quanto riguarda la prosecuzione delle operazioni sul campo di battaglia in Ucraina, il leader del Cremlino sottolinea la necessità di “aumentare i mezzi di distruzione”, ovvero “il numero e la potenza delle armi. Dobbiamo aumentare l’efficienza delle forze e dei mezzi utilizzati”. Tra questi, Putin cita “l’aviazione tattica e strategica”. Senza dimenticare le “armi terrestri, comprese armi ad alta precisione, artiglieria e veicoli corazzati. Il nostro sviluppo procede, senza alcuna esagerazione, a passi da gigante”. “Quanto più potenti e numerose sono le armi – ha detto Putin - tanto minori saranno le perdite”.

Ma quale prezzo la Russia è disposata ad accettare “per tutta questa sfida che storicamente siamo stati costretti ad affrontare?”. “Ogni vita umana – ha risposto il presidente russo alla domanda postagli dal giornalista Dmitry Kiselev – non ha prezzo. E la perdita di una persona cara per una famiglia, per qualsiasi famiglia, è un dolore enorme. Ma la questione è definire il fatto stesso di ciò che stiamo facendo”. A tale proposito, Putin ha rispolverato la narrazione secondo la quale l’intervento nel Donbass è scattato per “venire in aiuto a dei russi come noi. Siamo venuti in aiuto di queste persone. Questa è sostanzialmente la risposta alla nostra domanda. Se abbandoniamo queste persone oggi, domani le nostre perdite potrebbero aumentare molte volte. E i nostri figli non avranno futuro, perché ci sentiremo insicuri, saremo un Paese di terza o quarta classe. Nessuno ci terrà in considerazione se non sapremo proteggerci. E le conseguenze potrebbero essere catastrofiche per lo Stato russo”. Putin è inoltre tornato ad affermare che Mosca “non ha mai rifiutato i negoziati”. “Quando stavamo negoziando in Turchia, a Istanbul io e i negoziatori della controparte abbiamo prodotto una bozza di accordo”. Accordo che, sempre a detta di Putin, per ammissione stessa di Kiev sarebbe stato bloccato dall’intervento dell'ex primo ministro britannico Johnson, per il quale “la Russia avrebbe dovuto essere sconfitta sul campo di battaglia”.

In ogni caso, ha affermato il presidente, “siamo pronti a negoziare, ma pronti solo per negoziati che non si basino su alcuni desideri sorti dopo l'uso di psicofarmaci, ma sulle realtà che si sono sviluppate, come si dice in questi casi, sulla terra”. Putin ha puntato l’indice contro le false promesse che in passato l’occidente avrebbe fatto a Mosca: “ci è già stato assicurato molte volte che la Nato non si sarebbe allargata ad est e adesso la vediamo ai nostri confini. Hanno promesso, senza entrare nella storia, che il conflitto interno in Ucraina sarebbe stato risolto con mezzi politici e pacifici. Come ricordiamo, a Kiev arrivarono tre ministri degli Esteri: Polonia, Germania e Francia. Promisero che sarebbero stati garanti di questi accordi. Il giorno dopo ci fu un colpo di stato. Promisero di rispettare gli accordi di Minsk, e poi annunciarono pubblicamente che non intendevano mantenere queste promesse, ma si presero solo una pausa per armare il regime di Bandera in Ucraina. Ci sono state promesse molte cose, quindi le promesse da sole non bastano. Ora negoziare solo perché stanno finendo le munizioni è in qualche modo ridicolo da parte nostra. Siamo tuttavia pronti per un dialogo serio e vogliamo risolvere tutti i conflitti, e soprattutto questo conflitto, con mezzi pacifici”.

Non poteva ovviamente mancare un richiamo alla recente presa di posizione del presidente francese Emmanuel Macron che ha ipotizzato l’invio di truppe occidentali in Ucraina. “Il fatto – ha detto a tal proposito Putin – è che le forze armate dei paesi occidentali sono presenti in Ucraina da molto tempo, erano presenti anche prima del colpo di stato, e dopo il colpo di stato il loro numero è aumentato più volte. Adesso sono presenti direttamente, sotto forma di consiglieri, sono presenti sotto forma di mercenari stranieri e subiscono perdite. Ma se parliamo di contingenti militari ufficiali di stati stranieri, sono sicuro che ciò non cambierà la situazione sul campo di battaglia. È la cosa più importante. Così come la fornitura di armi, da un punto di vista effettivo, non cambia nulla” nel successo delle operazioni belliche russe. Un eventuale intervento diretto potrebbe però “portare a gravi conseguenze geopolitiche. Perché se, ad esempio, le truppe polacche entrassero nel territorio dell'Ucraina, come sembra, per coprire il confine ucraino-bielorusso, o in qualche altro luogo per liberare i contingenti militari ucraini e partecipare alle ostilità sulla linea di contatto, allora penso che le truppe polacche non se ne andranno mai da lì”. Inoltre, “il loro esempio potrebbe essere seguito da altri paesi che hanno perso parte dei loro territori a seguito della Seconda Guerra Mondiale”.

(13 MAR - deg)

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