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Meloni-Giambruno
totem vs tabù

di Benedetta Lazzeri

È difficile non indugiare - anche a settimane dall’accaduto - sulla vicenda Meloni – Giambruno.
Lo sapeva bene Alessandro Manzoni: non c’è conflitto, pestilenza o guerra che riesca a spegnere nell’animo dell’uomo il fuoco della curiosità morbosa per lo scandalo e per il vizio; e i vizi (per usare un eufemismo) dell’ex principe consorte saranno duri a scomparire (e a morire?).
Da un’attenta rassegna stampa non ho potuto far a meno di notare un ulteriore schema duro a morire: la tendenza in momenti di crisi a tirare fuori dalla persona un simbolo, dal personaggio, un totem.
E quale banco di prova migliore di una crisi personale per dimostrarsi in grado di gestirne una generale?
“Il messaggio di Giorgia Meloni è trasversale e si rivolge alle donne […]; va seguito senza se e senza ma” (Maurizio Montanari, Il Fatto Quotidiano); “Giorgia Meloni non è solo una donna e una madre, ma anche una premier alle prese con difficilissimo dossier” (Ansa) e ancora: “Quello di Giorgia Meloni è un post vero, sofferto, imperfetto ed è l’esempio di dignità e indipendenza femminile” (Marco Venturini, Il Fatto Quotidiano). Dello stesso tenore, gli articoli comparsi su testate “nemiche” tanto quanto Il Fatto Quotidiano, come La Repubblica, il Corriere della Sera, La Stampa.
Al di là del condivisibile simpatizzare per la protagonista di questa storia, un’altra caratteristica accomuna i messaggi di solidarietà inviati a Giorgia Meloni: alla prima premier donna italiana viene riconosciuta una forza d’animo poche volte associata al più duro degli uomini nel ben mezzo di una disfatta personale.
Che questo sia vero o no, poco interessa a questa breve riflessione; nondimeno, è la portata politica di questa rappresentazione simbolica che dovrebbe catturale la nostra attenzione.
In un’intervista a La Repubblica, Alessandra Ghisleri si è detta convinta che la separazione porterà a Giorgia Meloni un aumento del consenso in forza del suo aver dimostrato di “saper tutelare la propria figura istituzionale” (G. Casadio, La Repubblica). Le parole della sondaggista ci rimandano ad un concetto politico che precede di molto l’era contemporanea: la sicurezza.
La grande stagione psicoanalitica novecentesca aveva esplicitato il legame indissolubile tra il funzionamento della socievolezza umana e la necessità dell’uomo di riportarne la complessità ad una simbologia originaria, aveva riportato la realtà agli archetipi che l’avevano strutturata.
Era stato Zeus il primo dio politico, l’uccisore di Cronos, del Padre-Tempo che fagocita i propri figli togliendo sussistenza alla vita. Lo aveva seguito Edipo, il re politico per eccellenza, tanto certo di sé stesso da pensare di poter risolvere il mistero del reale; c’era stato poi Trasimaco, il protagonista del primo e controverso libro della Repubblica di Platone secondo cui la giustizia coincide con il diritto del più forte, l’unico capace di contrastare l’imprevedibilità del mondo. La modernità, inoltre, aveva visto Machiavelli fare della securitas la prerogativa fondamentale del politico, secondo la convinzione che la comunità umana avesse, su tutte, la necessità di un conducente saldo e fermo di fronte all’insicurezza della vita.
Se esista un archetipo del politico per eccellenza, un padre totemico e politico originario, non è semplice da chiarire; ciò che è certo è che la comunità ha bisogno di caratterizzare i propri governanti secondo categorie simboliche semplici e universalmente accessibili, indipendenti da schieramenti e indifferenti ai colori.
In questa prospettiva, che la “vicenda Giambruno” abbia aumentato in termini numerici e percentuali il consenso nei confronti di Giorgia Meloni poco importa, dimostrarsi salda davanti alla crisi ha di diritto inserito la premier in uno spazio simbolico antico.
Ma come mantenere tale posizione?
I sovrani totemici di Freud dovevano mantenere intatta la segretezza magica del potere e, allo stesso tempo, garantire la sicurezza che la comunità rimetteva totalmente nelle loro mani, ai sovrani antichi (e, in verità, non poi tanto antichi) il suddito riconosceva perfino la capacità di guarire mali e pestilenze.
Imporre le mani sugli infermi non sarà necessario, non sarebbe saggio, tuttavia, sottovalutare l’importanza – almeno a livello teorico – di questa ondata di fiducia trasversale in un momento tanto complesso per le democrazie (o presunte tali) mondali.
Per quanto non goda della mia simpatia politica e ideologica, è difficile non riconoscere alla leader di Fratelli d’Italia quel “carattere” che in un divertente monologo di Pulp Fiction, uno straordinario Harvey Keitel annoverava tra le qualità più efficaci e strategiche di un individuo, ma basterà questo per soddisfare le caratteristiche pretenziose imposte dalla lunga storia del pensiero politico?
In altre parole: donna, madre e premier, Giorgia Meloni riuscirà anche ad incarnare un po’ della regalità totemica e magica dei re taumaturghi di Marc Bloch?

(© 9Colonne - citare la fonte)