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Aldo Busi, l’unico scrittore d’Italia

Aldo Busi, l’unico scrittore d’Italia

Prendi un adolescente di quattordici anni che scrive il suo primo romanzo, che lo riscrive diciassette volte, che lo intitola Seminario della gioventù, ed è così che viene fuori dal cilindro della provincia bresciana, Aldo Busi. Benché condividano le stesse iniziali, AB, Alessandro Baricco per lui non fa letteratura ma costruisce formule creative, come anche Andrea Camilleri. Come pure “Faletti, Giordano, Tamaro, Saviano, De Carlo, Travaglio, Siti, Melissa P., Carofiglio, Benni, Gramellini, avendo indovinato alcuni estesi slogan al momento giusto, sono dei creativi”. Lui no, lui è uno scrittore, viene da pensare, l’unico. Ha atteso un decennio prima di dare alle stampe il suo ultimo romanzo, perché l’Italia non meritava e non avrebbe capito un’altra sua opera, che è sempre capolavoro. Mentre gli altri se “un giorno vendono centomila copie dei loro fogli rilegati? Assurgono automaticamente a creativi”. Terzo di quattro figli, “figlio unico, a modo suo, di genitori semianalfabeti”, è un raro caso, forse unico, di intellettuale ancora capace di tenere banco, se vuole, quando vuole, anche sulla contemporaneità. Un paio d’anni fa, ospite ad Ottoemezzo su La7, si lanciò nell’intemerata affermazione secondo cui Mangano, lo stalliere di Arcore in odor di mafia, avrà tenuto sulle ginocchia almeno una volta i figli di Veronica Lario. Querela. Processo. Busi non è nuovo a lambire lo scandalo. Nel 1989 il suo libro Sodomie in corpo 11 (1988) viene citato in giudizio per oscenità insieme (ovviamente) al suo autore. Il processo che ha luogo a Trento viene mandato in onda dalla Rai. Busi arriva in tribunale in smoking, tenendo tra le mani un narciso giallo. Insieme con l’assoluzione, arriva l’investitura imprevista a personaggio televisivo dell’anno. Dice di non leggere i giornali da anni, ma ne sa più degli addetti ai lavori, Il Corriere della Sera ormai ha più soci che lettori e a Repubblica sono giunti al punto di sostituire Baricco con Saviano solo perché Moccia era già impegnato altrove”. Critica aspra sempre in punta di penna. Contraddizione sempre in atto: nel 2010 partecipa ad un reality show, L’isola dei famosi. Ingaggio 420.000 euro, per lui ben guadagnati perché gli tocca interpretare le parti di tutti gli altri, essendo gli altri, a sua detta, dei non personaggi. Alcune frasi sull’omofobia del Papa, e sulla pedofilia, gli sono costano l’esclusione da tutte le trasmissioni Rai. Le tante pagine del suo "El specialista de Barcelona", Dalai, si possono riassumere così: il protagonista del romanzo è lo scrittore che non vuole scriverlo. Sta seduto su una sedia sulla Rambla e si rivolge a una foglia di platano (che gli risponde). Un discretamente giovane scrittore, Nicola Lagioia, pensa che “Busi non frequenta, non omaggia, non promuove, non ricambia, non firma appelli, frigge l’aria in tv e non di rado manda affanculo a sproposito. Il che dovrebbe essere irrilevante al cospetto degli almeno cinque grandi libri da lui scritti…”. L’autore di quegli almeno cinque grandi libri, si immagina che per ricordarlo, da morto, gli dedicheranno nelle città italiane dei vespasiani (cioè degli orinatoi), le “conchiglie di Aldo Busi, sarà meraviglioso”.

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