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AFFINATI: MARE FUORI?
SOLO ZUCCHERO FILATO

AFFINATI: MARE FUORI? <BR> SOLO ZUCCHERO FILATO

“Chi ha sbagliato da giovane avrebbe bisogno di adulti capaci di incarnare valori alternativi a quelli del successo e della ricchezza, persone che siano in grado di rinunciare alla vita facile in nome di qualcosa in cui credono di più. Ma se a bastonarli sono proprio coloro che dovrebbero ricondurli sulla retta via, allora davvero non c'è speranza. Potremmo produrre cento altre serie di ‘Mare fuori’: non servirà a niente. Quello è solo zucchero filato”. Lo scrive in un intervento su La Stampa lo scrittore e docente Edoardo Affinati commentando la vicenda del carcere minorile ‘Cesare Beccaria’ di Milano e parlando di “tema cruciale del nostro tempo: la tutela dell'adolescenza, che non può certo ridursi alla sua mera dimensione giuridica. Se non ci prendiamo cura dei nostri ragazzi, specie i più fragili e inquieti, è come se avvelenassimo i pozzi della coscienza collettiva mettendo il piombo sulle ali del futuro” aggiunge. “Nella mia vita di insegnante di Lettere negli istituti professionali delle borgate romane ho conosciuto tanti adolescenti, alcuni dei quali, si capiva subito, erano sempre sul punto di compiere reati: camminavano sul crinale, tra famiglie improponibili e amicizie pericolose, rischiando di precipitare nell'abisso. Mi sentivo attratto da loro perché avevo bisogno di tappare un buco anche dentro me stesso, essendo figlio di un padre non riconosciuto dal suo, di una madre orfana, sfuggita alla deportazione dopo la fucilazione di mio nonno partigiano. Io, grazie alla letteratura, avevo trovato le parole per risarcire chi mi aveva messo al mondo, ma certi sedicenni non ci sarebbero mai riusciti. Come avrebbe fatto Angelo a sottrarsi alla tossicodipendenza? Appena lo avvicinavo nel tentativo di proteggerlo, mi diceva: professore, non ti preoccupare, smetto quando voglio. Ma la voce gli tremava. E alla prima ora di lezione teneva sempre la testa sul banco, coperta dal cappuccio dei Bulls. Era bravo a scrivere i testi dei rap: una volta mi consegnò un foglio protocollo spiegazzato coi nomi di tutte le periferie capitoline elencate in uno straordinario ritornello lirico. E Ibrahim, lo stesso scolaro che avevo fatto emozionare leggendogli 'In memoria', la poesia di Giuseppe Ungaretti sull'amico egiziano suicida ('Fu Marcel / ma non era francese'), come avrebbe potuto rifiutare i duecento euro che qualcuno gli aveva offerto per distribuire le dosi nel quartiere, proprio lui che, appena uscito dal centro di accoglienza, non sapeva nemmeno dove sarebbe andato a dormire? Eppure quando gli avevo chiesto di recitarmi a memoria la prima sura del Corano si era concentrato in modo tale da lasciarmi a bocca aperta. Quanti talenti sprecati! Energia nel rigagnolo. Stelle frantumate nei cortili sporchi. Farfalle trafitte dall'ago. Sapevo cosa sarebbe accaduto. Ogni volta che sono entrato nelle strutture carcerarie in cui vengono rinchiusi i minorenni, vere e proprie università del crimine, buchi neri dove sono destinate a naufragare tutte ‘le magnifiche sorti e progressive’, a ‘Casal del Marmo’, al ‘Ferrante Aporti’ e anche al ‘Cesare Beccaria’, avevo l'impressione di rivedere i miei ex studenti. Chissà, forse anche loro percepivano da parte mia un interesse speciale perché mi attorniavano come fossi una specie di totem, chiedendomi consigli, soldi e sigarette. Io domandavo: ragazzi, cosa farete quando uscirete da qui? Rispondeva il più forte, coi tatuaggi indiani e il ghigno del capo: torneremo a rubare. Non abbiamo altra scelta. Nessuna riabilitazione. Contrariamente a quanto avrebbe voluto il vero, grande italiano, Cesare Beccaria. Nessun metodo preventivo, calpestando, oltre che il dettato costituzionale, le profetiche intuizioni pedagogiche di Don Bosco. È la sconfitta di tutti. Non delle benemerite associazioni che per fortuna continuano a operare positivamente dentro le mura”. (26 apr – red)

 

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