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Chiara Appendino, storia
di un insuccesso

Chiara Appendino, storia <br> di un insuccesso

di Salvatore Tropea

Il novantaquattresimo posto di Torino nella graduatoria del gradimento dei sindaci italiani redatta dal Sole24Ore non è la perdita di qualche posizione ma un inabissamento che chiude infelicemente il quinquennio di Chiara Appendino, cancellando le residue speranze di un suo rientro nella partita elettorale di settembre. Sic transit gloria mundi: ancorché eccessivo il riferimento alle parole con le quali il cerimoniere ricorda al papa la transitorietà del potere temporale appare appropriato per descrivere, debitamente ridimensionata, la parabola di questa esponente di primo piano del M5S. E non bisogna farsi trarre in inganno collocando questa meteora nel cielo turbolento dei grillini attualmente offuscato dalle lotte intestine riconducibili alla ricerca di un’identità politica da loro sempre rifiutata nel nome di un movimentismo che li ha condotti al punto in cui si trovano.

Il declino della sindaca di Torino ha ben altre origini che erano avvistabili anche quando la si voleva a tutti i costi in vetta alla classifica assieme alla sua omologa romana Virginia Raggi. Molti ricorderanno i tempi in cui, assieme, venivano esibite come le madonne pellegrine, esempio fulgido da seguire. Per la Appendino si pensò addirittura a un posto ai vertici del governo e del Movimento tanta era la fiducia che i grillini pensavano di poter spendere usando la prima cittadina di Torino. Che intanto seguiva imperterrita un percorso cosparso di incidenti frutto di scelte figlie dell’inesperienza associata a una robusta dose di supponenza.
La sua scelta di salire sulle barricate contro la Tav, opzione che le ha giovato in qualche misura per battere Piero Fassino, è stato il primo passo falso poi rinnegato con qualche confusa dichiarazione a favore della Torino-Lione quando il governo si era già espresso a favore dell’opera. Risucchiata nella penombra della “decrescita felice” predicata da alcuni esponenti del Movimento, Appendino ha poi replicato in chiave torinese l’errore della Raggi, opponendosi alle Olimpiadi invernali consegnate a Milano e Cortina d’Ampezzo, trascurando con ciò il vantaggio che Torino avrebbe potuto sfruttare avendo ospitato con successo i Giochi nel 2006. Un regalo a Milano motivato col fatto che le Olimpiadi avrebbero innescato corruzione e ruberie come se queste fossero la regola e non un comportamento al quale una sana amministrazione deve essere in grado di opporsi.
Gli incidenti di Piazza San Carlo, ovvero i disordini esplosi e mal controllati la sera della partita della Juventus a Cardiff le sono poi costati una condanna a un anno e sei mesi per negligenza. Altri inciampi giudiziari l’hanno vista protagonista con riferimento a fatti imputabili al suo ex portavoce. Più volte contestata e messa in minoranza dai sindaci dell’area metropolitana non è riuscita a costruirsi un consenso neppure nell’area politica vicina ai grillini. Per non parlare della generale disapprovazione della categoria degli esercenti che le hanno spesso rimproverato una gestione disastrosa del centro storico. Il tutto completato da una politica, improvvisata ed erratica, tendente a privilegiare le piste ciclabili senza un piano che comprendesse il riordino della rete stradale.
 

     In sintesi, questo sciagurato itinerario non poteva non portare al declino della città, alla sua perdita di peso e di importanza. E con essi al tramonto della stella grillina che sembrava dovesse brillare in Sala Rossa e invece oggi è tristemente scivolata in coda alla classifica dei sindaci. Un segnale, questo, inequivocabile per il M5S e gli eventuali interlocutori nell’ipotesi di un ballottaggio alle amministrative di settembre. 

 

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