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Tina Modotti,
l’emigrata che scoprì
i contrasti dell’America

Ritratti
Una galleria giornalistica di ritratti femminili legati all'Unità d'Italia. Donne protagoniste nell'economia, nelle scienze, nella cultura, nello spettacolo, nelle istituzioni e nell'attualità. Ogni settimana due figure femminili rappresentative della storia politica e culturale italiana passata e presente.

Tina Modotti,<br>l’emigrata che scoprì<br>i contrasti dell’America

Rivoluzionaria, antifascista, femminista, artista e fotografa. Assunta Adelaide Luigia Saltarini Modotti, più conosciuta come Tina Modotti, è considerata una delle fotografe italiane più famose dello scorso secolo. Friulana d’origine, padre operaio e madre casalinga, nasce a Udine nel 1896 dove trascorre la sua infanzia, durante la quale il padre emigra in cerca di fortuna, prima in Germania e in Austria e successivamente negli Stati Uniti. Già dall’età di 12 anni, grazie allo zio Pietro Modotti, scopre il mondo della fotografia. Nel 1914, Tina raggiunge il padre a San Francisco e inizia a lavorare in fabbrica. Ma in America Tina scopre anche l’amore e la sua vocazione per l’arte. Comincia a frequentare i piccoli circoli di poeti della California, aprendo le porte alla sua giovane carriera da attrice, prima di teatro e dopo nel nascente cinema americano. Negli stessi anni conosce e sposa il poeta e pittore francese Roubaix de l’Abrie Richey, con il quale si trasferisce a Los Angeles per proseguire la carriera cinematografica. Presto, grazie al marito, Tina conosce il fotografo Edward Weston, prima suo maestro e poi suo amante. Dopo aver scoperto il tradimento di Tina, il maritò scappa in Messico, dove trova la morte di lì a poco a causa del vaiolo. Raggiunto il Paese troppo tardi per l’ultimo saluto all’ex compagno, Tina Modotti si trasferisce a Città del Messico insieme a Weston nel 1923. Lì l’attrice lascia definitivamente la sua carriera per dedicarsi completamente a quella fotografica.

L’impegno artistico e politico
È proprio nel Messico della rivoluzione post Zapatista che l’artista scopre e coltiva non solo la sua carriera da fotografa ma anche quella politica. Comincia a lavorare per piccoli giornali comunisti e sindacali di Città del Messico. Divenuta un personaggio ormai conosciuto di questo mondo intellettuale, viene chiamata per fotografare personaggi, situazioni e reportage. Inizia così a viaggiare per tutto il Paese, racconta le condizioni di vita delle famiglie contadine e operaie, denunciando con i suoi scatti la grande miseria che affligge il paese nella fase post-rivoluzionaria. Le sue foto diventano famose in tutto il Messico. Nel 1929 una delle sue mostre viene definita come la prima raccolta di opere rivoluzionarie del Paese. Proprio a causa del suo impegno politico Tina viene costretta a lasciare il Messico, ponendo fine anche alla sua carriera artistica. Trasferitasi nella Berlino degli anni ’30 scopre il fotogiornalismo, grazie anche alla conoscenza di Simon Guttmann, e un modo completamente nuovo di fare fotografia, lontano da quello che aveva sempre caratterizzato la sua vita. In Unione Sovietica Tina abbandona la carriera da fotografa per dedicarsi completamente a quella politica. Incontra Vittorio Vidali, dirigente del Partito Comunista messicano, con il quale si sposa poco dopo. Da quel momento comincia per lei un nuovo periodo: si dedica al soccorso rosso per le vittime del fascismo, viaggiando per tutta l’Europa, partecipando attivamente a gruppi artistici e movimenti politici di massa, soprattutto in Spagna durante la Guerra civile. Dopo un anno, nel quale lavora come infermiera nel quinto reggimento e incontra numerosi intellettuali e scrittori americani, l’artista si ritrova a dover lasciare la Spagna con il marito, nel momento in cui la guerra giunge al termine. La vita di Tina Modotti si conclude in Messico, dove fugge e trova asilo politico, prima di morire nel 1942.

(© 9Colonne - citare la fonte)